Mario Grasso ne L’idea fissa, romanzo psicologico che sconfina nel giallo strizzando l’occhio al genere rosa con incursioni in quello erotico, tocca l’apice ed il pedice della natura umana: per aspera ad astra e ritorno, più e più volte nel corso della vicenda, come a dire che l’esistenza è orografia di balze e vallate, essendo noi umani inesorabilmente costretti a districarci fra le une e le altre.
L’autore non esita a metter in luce come, pur di raggiungere un obiettivo (l’ “idea fissa” del titolo), ci si possa sporcare le mani e l’anima, e tuttavia quanto al contempo – col sopraggiungere di variabili imponderate ed imponderabili – anche il più basso dei disegni possa assurgere, almeno temporaneamente, a respiro di bellezza ed armonia.
Yole, la protagonista, cerca riscatto alla propria, infelice e monocorde, vita; riscatto puramente economico, apparentemente, in nome del quale si serve della persona che può esserle suo malgrado utile a conseguirlo: Yoel, ragazzo brillante sebbene costretto su una sedia a rotelle.
Pure, attraverso Yoel, la protagonista sembra inconsapevolmente cercare la propria catarsi e il proprio autentico completamento, laddove più volte esita, sovente sul punto di confessargli il segreto che l’ha avvicinata a lui; ma il destino, come folata ribelle, mischia le carte e conferisce loro nuovo senso, come nel caso della comparsa di Geppo, in grado di scompaginare un equilibrio intrinsecamente fragile, ben oltre le apparenze.
Sentieri tortuosi per un finale avvincente e geniale, proprio come lo spessore psicologico che Mario Grasso sapientemente conferisce ai suoi personaggi, angeli e demoni del quotidiano.
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