Dopo aver letto il suo libro “Riflessi in solitudine”, l’autrice Federica Voi ha risposto così alle nostre domande.
La prima domanda che viene in mente, leggendo la tua età anagrafica è: quando è nata la passione per la scrittura, e più specificatamente per la scrittura poetica? Cosa ami di tale modalità espressiva?
Beh, devo dire che sin da bambina nutro la passione per la lettura e la scrittura, ma se dovessi dire quando è nata la passione per la scrittura poetica, direi tra i banchi di scuola media quando l’insegnante di allora diede un compito da svolgere: scrivere una poesia sul Natale. Ecco, da quel momento ho cominciato a scrivere poesie e non mi sono più fermata. Della poesia amo il fatto che, quando la si legge, ci si ritrova con se stessi, con le proprie emozioni. E questo ci induce a riflettere poi anche sul mondo esterno, a guardare tutto in maniera differente e ad essere così molto più empatici. Tra un verso e l’altro, tutti si possono ritrovare e scoprire che in fondo tutti proviamo o abbiamo provato tristezza, dolore, solitudine…
Oggi scrivere poesie è ardimento di molti, ma traguardo di pochi: senti di essere giunta a risultati significativi, in base a ciò che volevi ed a quanto sei riuscita ad esprimere?
Ho scritto la mia prima poesia all’età di 12 anni e da allora sono maturata parecchio dal punto di vista stilistico. Ho cercato, in questi anni, di affinare il mio linguaggio e creare un mio stile. Cerco sempre di guardare il lato positivo delle situazioni e adesso, dopo tanti anni, credo di aver trovato la strada giusta per me. È stato questo quindi il risultato più importante: aver trovato la strada giusta da percorrere per continuare a migliorarmi sempre, senza mai smettere di guardarmi dentro.
Il tuo scritto ospita componimenti tristi, fatti di amarezze e dolori che da emotivi e interiori, paiono, col passare delle righe (e delle pagine) somatizzarsi; un tratto, questo, comune a tanti poeti, non solo contemporanei. Pensi sia solo un caso, o forse scrivere in versi meglio si adatta ad esprimere il disagio di quanti sono più sensibili alle vicende del quotidiano e della vita?
Come ho detto in precedenza, scrivere in versi ti “obbliga” a guardarti dentro, nel profondo del tuo essere e questo non è mai facile. Sicuramente occorre avere un animo sensibile che sappia prima di tutto ascoltare oltre che osservare. Il fatto che molti poeti del passato abbiano scritto di tristezza, dolori e amarezze, ci fa capire quanto sia importante conoscersi, conoscere la società e cercare – attraverso la scrittura – di essere degli uomini migliori. Per questo non bisogna mai arrendersi di fronte alle difficoltà della vita: ogni esperienza ci insegna qualcosa di nuovo e talvolta mostra anche tratti di noi che neppure sapevamo di avere.
Ampliando la prospettiva, si nota un animo tormentato, in certi punti inadeguato al modo di vivere contemporaneo: pensi la poesia possa essere terapia, riscatto, o cos’altro?
Per me la poesia è assolutamente terapia così come la scrittura in generale o la lettura. In fondo, abbiamo tutti un animo tormentato ma ciò non vuol dire essere necessariamente pessimisti. Tutto dipende da come ci si approccia al quotidiano e alla vita.
Continuerai ad alimentare la tua passione per la poesia, e quando ce ne metterai ancora a parte ?
Sì, sto lavorando alla mia seconda silloge di poesie dove tratterò temi differenti ma pur sempre incentrati sui sentimenti e sulle emozioni dell’essere umano. Spero di poter condividere presto la mia seconda creatura…
Grazie alla gentilezza dell’autrice, e in bocca al lupo!